LA PESCA DEL TONNO TRA MEMORIA E FUTURO

Quella del tonno era una pesca incerta, il cui protagonista era un animale irrequieto e leggendario, eternamente trasmigrante, i cui percorsi misteriosi erano affidati alle informazioni che i pescatori si scambiavano fra di loro. Era ad ogni modo risaputo che i branchi, per motivi sconosciuti, venivano a volte a mancare o a diminuire di numero, o mutavano i luoghi della costa ove, per consuetudine di itinerari, concludevano le loro trasmigrazioni in una sanguinosa mattanza.
La pesca del tonno, che pure tra Pizzo e Bivona, nella seconda metà dell'Ottocento, riusciva a realizzare una media di 2.000 quintali di pescato, non riuscì per vari motivi a rafforzarsi e ad espandersi. Fra Ottocento e Novecento, nonostante l'espansione dell'attività peschereccia lungo la costa, invisibili trasformazioni le preparavano un destino di emarginazione. Dopo il 1891 la tonnara di Pizzo fu dichiarata passiva dal suo proprietario, marchese Gagliardi.
Un generale declino investì la pesca di costa all'indomani della prima guerra mondiale: l'incremento dei battelli motorizzati produsse l'estromissione della marina velica, incapace di tenere il passo alla concorrenza dei nuovi mezzi, più veloci e meglio attrezzati. Va, d'altra parte, aggiunto che, soprattutto a partire dalla fine dell'8oo, si fece sempre più sentire la pressione concorrenziale di Spagna e Portogallo, che riuscivano a raggiungere le industrie alimentari italiane con prezzi più bassi per effetto anche di una maggiore organizzazione tecnica e commerciale di cui alcuni paesi godevano grazie ad un adeguato intervento statale.
All'indomani della seconda guerra mondiale, la pesca del tonno a Porto S. Venere era ormai una realtà economicamente irrilevante: 230 quintali nel 1946, 299 nel 1948, 192 nel 1950.
Tonni, ormai, se ne vedono sempre più di rado dalle nostre parti ( il 90% del tonno usato dalle industrie conserviere é di provenienza oceanica), ma la pesca dovrà essere considerata uno dei settori trainanti per il rilancio dell'economia della Porto Santa Venere del futuro.
Potrebbe costituire un punto di forza per evitare l'esodo di tanti nostri giovani e per creare posti di lavoro dopo il brusco risveglio dall'effimero sogno industriale ed in presenza di un terziario ormai abnormemente gonfiato.

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