IL VENTINOVESIMO VULCANO ITALIANO E' VIBONESE: DIAMOGLI UN NOME!

Il ventinovesimo vulcano italiano, scoperto recentemente da un gruppo di ricerca formato da studiosi dell’Università della Calabria e dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, è stato “presentato” alla stampa, nel corso di un incontro con i giornalisti promosso dalla Provincia di Vibo Valentia.
La notizia della sua scoperta, già diffusa alcune settimane fa, è stata esposta in maniera più approfondita col supporto dei dati rilevati dagli scienziati, con la valutazione di eventuali rischi per l’area ed anche delle possibili implicazioni economiche legate allo sviluppo di forme di turismo alternativo e allo sfruttamento dei giacimenti minerari effetto della sua presenza.
I ricercatori Guido Ventura (Istituto nazionale di geofisca e vulcanologia), Rocco Dominici e Paola Donato (entrambi del dipartimento Scienze della Terra dell’Università degli studi della Calabria), ed i docenti Unical Rosanna De Rosa e Gino Mirocle Crisci, hanno spiegato d'essere giunti a rilevarne la presenza grazie alla scoperta effettuata alcuni mesi fa a San Costantino Calabro, di vasti depositi di pomici, che raggiungono spessori di circa 6,5 metri (foto in basso), gli stessi depositi riscontrati poi anche nella Piana di Gioia Tauro, dove in alcune aree raggiungono lo spessore di 10 metri. Segno inconfondibile di una grande eruzione pliniana (cioè esplosiva, come quella del 79 d.C. a Pompei).
Una traccia decisiva che ha convinto gli scienziati a continuare l’indagine attraverso rilevamenti aereomagnetici: un elicottero dotato di sensori ha sorvolato per giorni lo specchio d’acqua compreso tra la costa e le Isole Eolie, registrando le differenze nel campo magnetico determinate dalla presenza di minerali ferrosi tipici delle aree vulcaniche. Alla fine, elaborando i dati raccolti, si è scoperto che a 120 metri sotto il pelo dell’acqua, in corrispondenza di quella che sino ad oggi era definita dalle carte nautiche come una secca, c’è la sommità di un vulcano dalla forma oblunga che risale ad un periodo compreso tra 700mila e un milione di anni fa, più antico delle Isole Eolie e quindi diverso per genesi.
La sua posizione coincide con un tratto della faglia che nel 1905 diede origine a un distruttivo terremoto che colpì la Calabria mietendo centinaia di vittime. La stessa faglia che oggi continua a muoversi al ritmo geologico di pochi millimetri all’anno, ma che alla fine, tra milioni di anni, taglierà letteralmente in due la Calabria.
«Sia chiaro, il vulcano di Capo Vaticano è ormai assolutamente inoffensivo - ha sottolineato Guido Ventura, coordinatore del gruppo di ricerca - questa scoperta non cambia nulla nella mappatura di pericolosità sismica della Calabria. Ma il “nuovo” vulcano può offrire una motivazione in più per perseverare nello studio di quest’area e intensificare il monitoraggio della faglia».
Oltre agli aspetti più squisitamente scientifici della scoperta, gli studiosi hanno evidenziato anche alcune importanti opportunità di sviluppo per il territorio, a cominciare da quello che potrebbe rappresentare un vero e proprio tesoro a portata di mano: ricchi giacimenti di manganese, un metallo insostituibile in alcune produzioni siderurgiche (serve soprattutto per rinforzare l’acciaio), che solitamente abbonda negli abissi oceanici dove, però, è difficile e costoso estrarlo. I ricercatori, inoltre, hanno ipotizzato anche forme di turismo alternativo, puntando sulla grande attrattiva scientifica della scoperta a livello internazionale.
Ma per continuare a studiare il vulcano di Capo Vaticano servono risorse, perché i rilevamenti aereomagnetici rappresentano soltanto il primo passo su una strada costellata di laboratori, test, carotaggi, simulazioni al computer. Qualora i fondi non arrivassero, il rischio, ancora una volta, è che l’intera ricerca sia portata all’estero.
Per ora, ad occuparsi del vulcano sarà la Marina militare, che dovrà scegliere un nome ed effettuare nuovi rilevamenti per ridisegnare le carte nautiche dell’area.
Potremmo provare insieme a suggerire alla Marina il nome più opportuno per il vulcano vibonese? Beh! Possiamo provarci! Noi cominciamo a suggerirne uno: VIBOSILENTE!

vedi link conferenza sul blog Ufficiostampavv [link]

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