BISOGNA TROVARE LA FORZA DI CAMBIARE. ORA O MAI PIU'... ESSERE IL CAMBIAMENTO CHE DESIDERIAMO
Il nostro amico Roberto Naso, sul sito vibomarina.eu ha lanciato una forte proposta: "ROBERTO SAVIANO SINDACO DEL MIO PAESE!", per tutta una serie di ragioni, che si possono riassumere in queste sue considerazioni:
"Mi piacerebbe averlo sindaco del mio paese, perché proprio qui da noi un Roberto Saviano non esiste. Il fatto che un Roberto Saviano nel nostro territorio non esista, non deve però indurci a pensare che altri "Casalesi" non esistano e prolifichino nel nostro territorio. Non esistendo il cronista, non vuol dire che le cose non avvengano o non esistano. Oggi il contropotere illegale veste abiti eleganti, va in suv o macchinoni da 3000 di cilindrata in su, pranza e cena nei migliori ristoranti e magari ha alla fonda in porto "gozzi" da 50 metri. I giovani del nostro circondario crescono nutriti da ideali di cartone e polvere bianca, con crocifissi d'oro da 500 grammi quando sicuramente non hanno mai più messo piede in chiesa dalla loro prima comunione, con iphone da 500 euro e giubbini che valgono tre stipendi di un operaio metalmeccanico. (...) Non ha senso l'autonomia se poi, pur affrancandoci da Vibo Valentia, continuamo ad essere sotto al giogo di chi al territorio non ci tiene, ma lo utilizza come latrina per i propri loschi interessi".
Personalmente la considero una proposta eccezionale, da fare a più voci, sia perchè faccio mie le ragioni espresse da Roberto, sia perchè... restiamo ancora una comunità che deve affrontare finalmente le ragioni del suo mutismo, ragioni che ci hanno reso storicamente invisibili e politicamente mai rappresentabili. Un mutismo che poco manca per definirsi omertà, che giustifica il "tirarsi indietro" anche dinanzi ai più piccoli sopprusi e che, se non compreso fino in fondo, renderebbe inutile l'apporto morale che potrebbe darci un Roberto Saviano sindaco!
Come guarire da un mutismo, che ormai poco manca a trasformarci in complici? Un militare, poche settimane fa, ha ripreso in un suo discorso un aforisma di Ghandi "Dobbiamo essere il cambiamento che desideriamo." e da allora questa frase ronza nella mia mente. Per comprenderne il senso voglio riportare parte di quanto scritto da Saviano su La Repubblica il 22 settembre scorso, estratto da suo sitoweb: "Chiedo alla mia terra come si immagina. Lo chiedo anche a tutte quelle associazioni di donne e uomini che in grande silenzio qui lavorano e si impegnano. A quei pochi politici che riescono a rimanere credibili, che resistono alle tentazioni della collusione o della rinuncia a combattere il potere dei clan. A tutti coloro che fanno bene il loro lavoro, a tutti coloro che cercano di vivere onestamente, come in qualsiasi altra parte del mondo. A tutte queste persone. Che sono sempre di più, ma sono sempre più sole. (...) E chiedo alla mia terra, che cosa ci rimane. Ditemelo. Galleggiare? Far finta di niente? Calpestare scale di ospedali lavate da cooperative di pulizie loro, ricevere nei serbatoi la benzina spillata da pompe di benzina loro? Vivere in case costruite da loro, bere il caffè della marca imposta da loro (ogni marca di caffè per essere venduta nei bar deve avere l'autorizzazione dei clan), cucinare nelle loro pentole (il clan Tavoletta gestiva produzione e vendita delle marche più prestigiose di pentole)? Mangiare il loro pane, la loro mozzarella, i loro ortaggi? Votare i loro politici che riescono, come dichiarano i pentiti, ad arrivare alle più alte cariche nazionali? Lavorare nei loro centri commerciali, costruiti per creare posti di lavoro e sudditanza dovuta al posto di lavoro, ma intanto non c'è perdita perché gran parte dei negozi sono loro? Siete fieri di vivere nel territorio con i più grandi centri commerciali del mondo e insieme uno dei più alti tassi di povertà? Passare il tempo nei locali gestiti o autorizzati da loro? Sedersi al bar vicino ai loro figli, i figli dei loro avvocati, dei loro colletti bianchi? E trovarli simpatici e innocenti, tutto sommato persone gradevoli, perché loro in fondo sono solo ragazzi, che colpa hanno dei loro padri. E infatti non si tratta di stabilire colpe, ma smettere di accettare e di subire sempre, smettere di pensare che almeno c'è ordine, che almeno c'è lavoro, e che basta non grattare, non alzare il velo, continuare ad andare avanti per la propria strada. Che basta fare questo e nella nostra terra si è già nel migliore dei mondi possibili, o magari no, ma nell'unico mondo possibile sicuramente. Quanto ancora dobbiamo aspettare? Quanto ancora dobbiamo vedere i migliori emigrare e i rassegnati rimanere? Siete davvero sicuri che vada bene così? Che le serate che passate a corteggiarvi, a ridere, a litigare, a maledire il puzzo dei rifiuti bruciati, a scambiarvi quattro chiacchiere, possano bastare? Voi volete una vita semplice, normale, fatta di piccole cose, mentre intorno a voi c'è una guerra vera, mentre chi non subisce e denuncia e parla, perde ogni cosa. Come abbiamo fatto a divenire così ciechi? Così asserviti e rassegnati, così piegati?"... ed io aggiungo... così muti?
Se considerassimo questo articolo al pari di un "programma politico-amministrativo" di una lista elettorale, stante il nostro godere del nostro malefico "il mutismo", non credo che, pur accettando la candidatura, Saviano otterrebbe i consensi necessari per diventare il nostro sindaco.
A meno che... non cominciamo sin d'ora a parlare, a scrivere, a dare! A Desiderare un Sindaco che, con scorta o meno, interpreti un cambiamento desiderato e vissuto! Nel caso ciò cominci ad accadere, ognuno di noi sarebbe già un Saviano! Ed in quel caso... son certo che egli accetterebbe di esserlo! così come in ogni caso... al minimo cenno di parole vere, di chiunque di noi le pronunci, io sono già pronto a sostenerne la candidatura! E nella nostra futura città... non avrebbe bisogno di alcuna scorta
A. Montesanti
"Mi piacerebbe averlo sindaco del mio paese, perché proprio qui da noi un Roberto Saviano non esiste. Il fatto che un Roberto Saviano nel nostro territorio non esista, non deve però indurci a pensare che altri "Casalesi" non esistano e prolifichino nel nostro territorio. Non esistendo il cronista, non vuol dire che le cose non avvengano o non esistano. Oggi il contropotere illegale veste abiti eleganti, va in suv o macchinoni da 3000 di cilindrata in su, pranza e cena nei migliori ristoranti e magari ha alla fonda in porto "gozzi" da 50 metri. I giovani del nostro circondario crescono nutriti da ideali di cartone e polvere bianca, con crocifissi d'oro da 500 grammi quando sicuramente non hanno mai più messo piede in chiesa dalla loro prima comunione, con iphone da 500 euro e giubbini che valgono tre stipendi di un operaio metalmeccanico. (...) Non ha senso l'autonomia se poi, pur affrancandoci da Vibo Valentia, continuamo ad essere sotto al giogo di chi al territorio non ci tiene, ma lo utilizza come latrina per i propri loschi interessi".
Personalmente la considero una proposta eccezionale, da fare a più voci, sia perchè faccio mie le ragioni espresse da Roberto, sia perchè... restiamo ancora una comunità che deve affrontare finalmente le ragioni del suo mutismo, ragioni che ci hanno reso storicamente invisibili e politicamente mai rappresentabili. Un mutismo che poco manca per definirsi omertà, che giustifica il "tirarsi indietro" anche dinanzi ai più piccoli sopprusi e che, se non compreso fino in fondo, renderebbe inutile l'apporto morale che potrebbe darci un Roberto Saviano sindaco!
Come guarire da un mutismo, che ormai poco manca a trasformarci in complici? Un militare, poche settimane fa, ha ripreso in un suo discorso un aforisma di Ghandi "Dobbiamo essere il cambiamento che desideriamo." e da allora questa frase ronza nella mia mente. Per comprenderne il senso voglio riportare parte di quanto scritto da Saviano su La Repubblica il 22 settembre scorso, estratto da suo sitoweb: "Chiedo alla mia terra come si immagina. Lo chiedo anche a tutte quelle associazioni di donne e uomini che in grande silenzio qui lavorano e si impegnano. A quei pochi politici che riescono a rimanere credibili, che resistono alle tentazioni della collusione o della rinuncia a combattere il potere dei clan. A tutti coloro che fanno bene il loro lavoro, a tutti coloro che cercano di vivere onestamente, come in qualsiasi altra parte del mondo. A tutte queste persone. Che sono sempre di più, ma sono sempre più sole. (...) E chiedo alla mia terra, che cosa ci rimane. Ditemelo. Galleggiare? Far finta di niente? Calpestare scale di ospedali lavate da cooperative di pulizie loro, ricevere nei serbatoi la benzina spillata da pompe di benzina loro? Vivere in case costruite da loro, bere il caffè della marca imposta da loro (ogni marca di caffè per essere venduta nei bar deve avere l'autorizzazione dei clan), cucinare nelle loro pentole (il clan Tavoletta gestiva produzione e vendita delle marche più prestigiose di pentole)? Mangiare il loro pane, la loro mozzarella, i loro ortaggi? Votare i loro politici che riescono, come dichiarano i pentiti, ad arrivare alle più alte cariche nazionali? Lavorare nei loro centri commerciali, costruiti per creare posti di lavoro e sudditanza dovuta al posto di lavoro, ma intanto non c'è perdita perché gran parte dei negozi sono loro? Siete fieri di vivere nel territorio con i più grandi centri commerciali del mondo e insieme uno dei più alti tassi di povertà? Passare il tempo nei locali gestiti o autorizzati da loro? Sedersi al bar vicino ai loro figli, i figli dei loro avvocati, dei loro colletti bianchi? E trovarli simpatici e innocenti, tutto sommato persone gradevoli, perché loro in fondo sono solo ragazzi, che colpa hanno dei loro padri. E infatti non si tratta di stabilire colpe, ma smettere di accettare e di subire sempre, smettere di pensare che almeno c'è ordine, che almeno c'è lavoro, e che basta non grattare, non alzare il velo, continuare ad andare avanti per la propria strada. Che basta fare questo e nella nostra terra si è già nel migliore dei mondi possibili, o magari no, ma nell'unico mondo possibile sicuramente. Quanto ancora dobbiamo aspettare? Quanto ancora dobbiamo vedere i migliori emigrare e i rassegnati rimanere? Siete davvero sicuri che vada bene così? Che le serate che passate a corteggiarvi, a ridere, a litigare, a maledire il puzzo dei rifiuti bruciati, a scambiarvi quattro chiacchiere, possano bastare? Voi volete una vita semplice, normale, fatta di piccole cose, mentre intorno a voi c'è una guerra vera, mentre chi non subisce e denuncia e parla, perde ogni cosa. Come abbiamo fatto a divenire così ciechi? Così asserviti e rassegnati, così piegati?"... ed io aggiungo... così muti?
Se considerassimo questo articolo al pari di un "programma politico-amministrativo" di una lista elettorale, stante il nostro godere del nostro malefico "il mutismo", non credo che, pur accettando la candidatura, Saviano otterrebbe i consensi necessari per diventare il nostro sindaco.
A meno che... non cominciamo sin d'ora a parlare, a scrivere, a dare! A Desiderare un Sindaco che, con scorta o meno, interpreti un cambiamento desiderato e vissuto! Nel caso ciò cominci ad accadere, ognuno di noi sarebbe già un Saviano! Ed in quel caso... son certo che egli accetterebbe di esserlo! così come in ogni caso... al minimo cenno di parole vere, di chiunque di noi le pronunci, io sono già pronto a sostenerne la candidatura! E nella nostra futura città... non avrebbe bisogno di alcuna scorta
A. Montesanti
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Francesco