VIBO VALENTIA. LA CITTA' CHE SPESSO HA SAPUTO SDOPPIARSI.

Storicamente lo scenario chi si prefigura con la proposta di legge, cioè la distinzione tra la città del monte e città del mare, obbligando ad una forma autonoma di gestione amministrativa dei due centri, è uno scenario o evento che si è più volte verificato .
Perché di fatto le due comunità, quella costiera e quella collinare, hanno avuto momenti alterni di popolamento e spopolamento, variabile insediativa che ovviamente ha segnato la storia . E che l’area dell’attuale comune di Vibo sia stata spesso gestita da due insediamenti autonomi è il nome stesso della città - Vibo Valentia - che lo rivela.
Il suo toponimo difatti rivela la città come dotata di una identità plurale, ed è già accaduto storicamente che i due centri fossero divisi.
Ed è stata proprio l’esigenza di gestire e sviluppare al meglio le due diverse risorse territoriali (mare e terra) – sia dal punto di vista difensivo, che da quello produttivo – che condusse a tali periodi di divisione dei poteri.
L’elemento che lo rivela è proprio l’utilizzo delle vie del mare nelle strategie del commercio, della conquista o della difesa del territorio.
Mi riferisco al Porto: lo spartiacque tra le due comunità è sempre stato il Porto e quando le necessità lo imposero, le due comunità – con intelligenza e lungimiranza – si diedero strumenti amministrativi utili a valorizzare questa identità plurale.
Si perchè:
1 - Andò a vantaggio della città greca di Hipponio (i colonizzatori, attraversando la valle del Mesima, giunsero da Locri) dotare di autonomia amministrativa la popolazione residente presso il porto.
Ce lo rivela Strabone quando, parlando di quel porto greco ristrutturato da Agatocle, ne parla come un epineion;
Ce lo rivela una moneta greca senza nominativo – senza la scritta sopra ipponio – con raffigurata un anfora vinaria da trasporto;
Ce lo rivelano le fonti che parlano della ricchezza proveniente alla città dalla pesca del tonno.
Gli scavi archeologici dimostrano che mentre la città greca si cingeva di poderose mura di difesa una numerosa popolazione risiedeva nell’area immediatamente a ridosso del suo porto.
2 - Andò a vantaggio della città romana di Valentia dotare di autonomia amministrativa la popolazione residente presso il porto. Ed è in quest’area che viene oggi collocata dagli studiosi Vibona.
Ce lo rivela sempre Strabone quando, parlando del suo porto, lo cita come emporium
Che Vibona e Valentia fossero divise amministrativamente lo dimostrano molte cose:
Le monete dell’illustre municipio romano – come lo chiama Cicerone – risultano coniate con il solo nominativo di Valentia, così come sulle iscrizioni della città non vi è mai il doppio toponimo.
Ma che le due comunità fossero distinte ce lo rivela lo stesso Cicerone, che quando venne per raccogliere prove contro Verre, nomina i suoi abitanti Vibonesi (si trattava di incursioni di pirati lungo la costa – pirati prezzolati da Verre); quando venne per difendersi dall’esilio, solo due o tre anni dopo, nomina i suoi abitanti Valentini.
Gli scavi archeologici dimostrano sia l’esistenza di un grande porto romano (Castello/Trainiti) sia la presenza di almeno tre grandi ville schiavistiche (Punta Scrugli, confine Portosalvo/Pannaconi, S. Venere – in quest’ultima contrada necropoli con 100 sepolture di schiavi);
3 - La situazione di vantaggio non cambia in epoca medievale, prima della fondazione di Monteleone. Addirittura di insediamenti a monte tra il IX e l’XI non si hanno riscontri archeologici, mentre numerosi sono quelli provenienti nell’area di Portosalvo.
E’ proprio in quest’area che oggi viene collocata la diocesi di Vibona, proprio per la gestione del trasporto via mare del legname, proprio – ancor più – perché quest’area appartenne sin da subito alla Abazia della SS. Trinità di Mileto, con il trasferimento della diocesi in quella città.

E’ questa identità plurale – ben rappresentata dalle fonti – che da vita al doppio toponimo Vibona e Valentia.
Fu questo il modo per indicare due distinti assi viari e due distinte potenzialità di sviluppo: quello terrestre e quello marittimo.

4 - Vi fu un altro momento in cui i due centri erano praticamente autonomi e ciò concide nuovamente con forte ruolo regionale della città. Questo momento è legato alla presenza dei francesi in Calabria (1806-1815). Anche questa volta questa differenziazione giovò al ruolo della città di Monteleone, che venne eletta addirittura capitale della Calabria Ulteriore, mentre la costa – ridotta dal Pignatelli ad un feudo inabitato – e la Rada di S. Venere, era fuori dal suo controllo, di fatto gestita dalla città di Pizzo e dalla locale gendarmeria marittima.



Mi fermo qui, anche se ci sarebbe da aggiungere altro, ed arricchire di particolari i quattro momenti storici citati.
Quello che è importante sottolineare è proprio questa questa lezione che si trae leggendo la storia con la dovuta e giusta attenzione a queste due identità, unite ma distinte.
Quando il vibonese ha recitato un ruolo di primo piano nella regione lo ha esercitato proprio perché la città ha saputo autonomamente sdoppiarsi.
Lo sdoppiamento amministrativo si è rivelato sempre la soluzione migliore, utile per far fronte ad una crisi di sistema:
utile per regolare e gestire l’aumento di popolazione, utile alla gestione portuale, utile per ridare dignità alle due comunità.

Oggi siamo dinanzi allo stesso ripetersi ciclico della storia. Ed anche questa volta, seppur siamo nel secondo millennio, è una crisi di sistema. La città di terra non riesce più a rappresentare gli interessi di quella di mare, nè risulta di possedere strumenti amministrativi utili a tutelarli o svilupparli. Di contro la comunità costiera è di nuovo aumentata esponenzialmente e si percepisce a rischio, fuori da ogni interesse amministrativo, esclusa dal processo partecipativo e di programmazione. Ed ovviamente richiede nuovamente la sua autonomia amministrativa.

E la storia ci insegna che quando questa autonomia si è realizzata, anche la stessa città – così come è accaduto con Hipponio, Valentia e Monteleone - ne ha tratto i più grandi benefici.

E questo non puo che accadere quando una comunità riscopre il senso della sua identità, della partecipazione attiva, in grado di prendere per mano il proprio futuro.
E questo che oggi si realizza con la Proposta di Legge dell'On. Censore.
Ed in discussione può esserci tutto, meno il fatto che questa sia una scelta in controtendenza: essa segue la tendenza storica della sua comunità, non quella di delle finanziarie statali, che sono sempre indirizzi generali e contingenti.
Se persegue l'ottimizzazione delle risorse locali cogliendo le indicazioni storiche e strategiche della nostra comunità; propone una soluzione ad una crisi reale del sistema burocratico amministrativo locale; traccia le linee guida per uno sviluppo armonico del territorio montano e costiero dell'intera provincia.
In fondo, senza causare danni o drammi, quello che si richiede oggi è già accaduto in passato. E può realizzarsi anche oggi con la nascita di Porto Santa Venere.

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